L’artista Giulio Galgani arriva a Marciano della Chiana con la mostra “Segni nomadi/ Forma e colore”. L’inaugurazione sabato 4 maggio.

Il 4 maggio 2024 alle ore 16, nell’affascinante contesto della Rocca di
Marciano della Chiana (Borgo dei Medici, 1), s’inaugura la personale Segni nomadi / Forma e
colore dell’artista Giulio Galgani.
Genovese di nascita e aretino di adozione, in questa mostra
Galgani presenta un ciclo di opere recenti che raccontano quello che da sempre è il suo legame
con la cultura e i “segni” del territorio in cui vive e più in generale con i valori della terra
intesa come patrimonio di simboli e saperi che rischiano di andare perduti nell’era della
globalizzazione. Tutta l’opera di Galgani ruota intorno ai concetti di appartenenza, memoria,
radici, concetti che negli anni lo hanno visto partire dai segni e dai simboli del suo territorio e, più
in generale, della Toscana, per elaborare un immaginario nel quale cultura alta e cultura popolare
convivono in un melting pot che ben rispecchia il carattere ibrido dei linguaggi contemporanei.
Un percorso iniziato, fin dai suoi esordi figurativi, sulle orme degli Etruschi in terra d’Arezzo –
nascono così i Truschi, figure di piccole dimensioni che paiono discendere direttamente dalla
scultura arcaica etrusca – per poi approdare, diversi anni dopo, agli strumenti e ai significati della
cultura contadina, con le Vanghe, vessilli del lavoro umano trasformarti in oggetti totemici con
l’integrazione di materiali come bronzo, pelle, fresato e colore, e poi ancora Forconi e Falci, che
entrano a far parte del suo repertorio simbolico sia come installazioni, alcune anche monumentali,
che come elementi rielaborati in chiave grafico-pittorica.
L’intento è risalire non solo alle radici dell’identità toscana, quella in cui Galgani si riconosce e che
da sempre alimenta la sua ispirazione, arrivando, nel presente, ad omaggiare grandi protagonisti
della cultura di questa regione come Giacomo Puccini nell’anno dell’anniversario della morte, ma
si tratta, più in generale, di guardare alla tradizione contadina come ad una eredità di insegnamenti
che ancora oggi hanno molto da dire in merito al rapporto tra uomo e natura. Lo sguardo di
Galgani si allarga, infatti, al paesaggio naturale e in particolare agli alberi che, nella sua
interpretazione, diventano “nomadi”, e quindi non più stanziali ma in movimento, per esprimere,
sul piano simbolico, un radicamento alla propria cultura, alle proprie tradizioni, al proprio territorio,
che non sfocia nell’essere “radicali”, e quindi non chiude né limita il pensiero, il dialogo, l’apertura
all’altro, allo “straniero”, ma anzi lo facilita, lo rende possibile, perché consente di portarsi dietro un
patrimonio identitario che diventa ricchezza da condividere.
La natura, quale esplicito richiamo ai valori fondamentali del vivere, si offre, dunque, come
contesto di una riflessione con cui Galgani ci rammenta che, nell’era post-modernità “liquida”
caratterizza da assenza di legami, vulnerabilità e incertezza, siamo tutti nomadi in cerca di
radici. Alberi – suggerisce l’artista – in transito da una terra all’altra, ciascuno carico di memorie e
significati – come quelli che evocati dalla materia e dal segno in queste opere – che ci portiamo
dietro quale eredità al contempo personale e collettiva, simboli di un’appartenenza perduta o
dimenticata e del bisogno di ritrovare le proprie radici.
Opere, quelle di Galgani, che mescolano un materiale di recupero come il fresato di
pneumatico con “materie” naturali come terra, sabbia, corteccia ed altri elementi vegetali,
combinati insieme in un paesaggio non più realistico ma mentale, astratto, simbolo. Un
riferimento al “paesaggio” che ognuno di noi rappresenta e si porta dentro, “paesaggio” che
racconta la nostra storia e al contempo quella del luogo in cui viviamo.
Nel caso di Galgani, quindi, un “paesaggio” toscano, con segni e simboli che esprimono il
profondo legame dell’artista con il suo territorio, senza dimenticare però l’importanza
dell’incontro con altre “terre” e culture, come ad esempio quella cinese, che negli anni hanno
arricchito il suo immaginario rendendolo nomade, ibrido, combinatorio, popolato di figure che
vanno dal Golem – da sempre “segno” distintivo di Galgani – agli “spilloni”, ai più recenti Lunatici,
creature “volanti” distribuiti sul supporto in modo da formare delle specie di costellazioni.
«L’uomo contemporaneo – dichiara l’artista – vive in una dimensione dove si sovrappongono una
miriade di segni e simboli e l’arte non può che rispecchiare questa realtà». Ecco allora che nella
caoticità del mondo contemporaneo, Galgani sceglie, non da oggi, ma da sempre, di partire dalla
terra dove si radica la sua storia, la sua appartenenza culturale, il suo “paesaggio” interiore, per
iniziare da qui un viaggio attraverso altri codici e linguaggi, nel segno di un’arte al contempo
identitaria e nomade.
Durante l’inaugurazione della mostra si terrà un talk con Giulio Galgani intervistato dallo
storico dell’arte e direttore de La Toscana Nuova Daniela Pronestì che, insieme all’artista,
ripercorrerà le tappe fondamentali della sua produzione per arrivare ai temi delle opere
esposte nella Rocca di Marciano.
La mostra, fino al 9 giugno compreso, sarà aperta al pubblico lunedì, mercoledì, venerdì dalle
10:00 alle 12:30, sabato e domenica dalle 16:00 alle 18:30. Sono possibili aperture straordinarie su
richiesta.