Il titolo è un calembour, una formuletta magica che suona divertente: “Spariturum Malekebubu. Il libro spazzatura”. Il tema però è serio, la perenne emergenza rifiuti italiana, e l’autore, Fabrizio Diolaiuti, si rivolge direttamente alla politica italiana: “Questo libro è una lettera a aperta ai politici perché gestiscano meglio i rifiuti. Va bene la raccolta differenziata, ma noi abbiamo seguito dove va la carta, il vetro e l’organico da Lampedusa fino a Trieste, ne è venuto fuori un documento, un caos incredibile in cui vivono i nostri rifiuti e noi con loro”. Il volume, edito da FuoriOnda e realizzato in collaborazione con ZeroSpreco, è un viaggio nella gestione dei rifiuti dopo la raccolta differenziata, che porta a scoprire come 8 auto inquinano come una centrale di RECUPERO ENERGETICO DEI RIFIUTI che serve 300mila abitanti che però continua a rimanere un tabù, e come l’Italia preferisca l’import-export di rifiuti favorendo inquinamento, mafie e aumento dei costi. Il volume è stato presentato alla Camera, su iniziativa della deputata di Coraggio Italia Manuela Gagliardi, segretario della Commissione Ambiente: “Credo che ogni sforzo che viene fatto per mettere insieme dati e raccontare la fotografia dello stato dei rifiuti del nostro paese possa essere prezioso per cambiare la mentalità e far capire ai cittadini che c’è una responsabilità che accompagna tutti noi da quando mettiamo il rifiuto nel cestino a quando viene effettivamente smaltito – spiega Gagliardi – E deve essere smaltito in modo efficiente, senza dare modo a chi crede di avvantaggiarsi da questo tipo di smaltimenti di poter lavorare in modo illecito”. Al libro-lettera aperta, che mette in mostra tutti i problemi dell’Italia, si accompagna però anche una proposta di soluzione, già applicata ad Arezzo dove, spiega il presidente di Aisa Impianti Zero Spreco, Giacomo Cherici, “la centrale Zero Spreco oggi mette il processo di termovalorizzazione a sostegno delle raccolte differenziate, e unicamente per processare gli scarti che queste raccolte producono, alimentando una impiantistica che si pone al centro dell’economia circolare.
Questo determina che la cittadinanza abbia compreso bene che non si trattava di un inceneritore ed è uscita dalla sindrome Nimby, accettando questa struttura che oggi viene vissuta come una scatola di vetro”.