Lo scorso 20 Settembre, come previsto dalla circolare ministeriale, sono iniziate le somministrazioni delle terze dosi dei vaccini Pfizer e Moderna per i pazienti ultra fragili. Un giorno spartiacque che, seppur non significhi di certo l’ultimo capitolo della campagna vaccinale, di certo indica un checkpoint dai quali possiamo andare ad estrapolare alcune considerazioni su come la Regione Toscana e le aziende ospedaliere locali abbiamo lavorato in questi mesi.
Nel nostro giornale abbiamo iniziato il racconto con il cosiddetto «V-day», il primo giorno in cui è stato possibile ricevere il siero in Valdichiana per il personale non medico, ovverosia il personale scolastico. Allora si parlava ancora di Astrazeneca e se ne parlava come consigliato ad una fascia under 60. Sapendo come sono andate le cose, cioè che la somministrazione, dopo i casi fatali di trombosi riscontrati, è stata prima sospesa poi ripresa ma per la fascia over 60, salvo poi essere completamente abbandonata dal generale Figliuolo, non possiamo non provare un po’ di sconcerto e non una illegittima rabbia. Tuttavia, alla Regione Toscana, non si può imputare nulla: le decisioni furono prese del Ministero della Salute, sotto le direttive di AIFA ed EMA. Fu invece quantomeno grave quando lo scorso agosto, alcuni cittadini under 60 convocati al centro affari di Arezzo per ricevere la seconda dose di Pfizer si trovarono a mani vuote: o meglio, con l’unica possibilità di ricevere Astra Zeneca, come detto, adesso in piena contraddizione rispetto le direttive del Ministero e incoerentemente alle raccomandazioni delle istituzioni sanitarie. E qui, la responsabilità è di certi dirigenti della ASL.
Continuando a riavvolgere il nastro in ordine cronologico nel numero di aprile denunciavamo la pessima gestione delle priorità indicate a Firenze, entro le quali notai e istruttori di tennis, spesso ricevettero il siero prima dei nostri nonni. Ricordate la strigliata di Draghi da palazzo Madama? «E’ cruciale vaccinare prima i nostri concittadini anziani. Ma alcune regioni trascurano i più fragili a favore di gruppi che vantano priorità in base alla loro forza contrattuale». Il premier non elencava gli imputati, ma il capo di accusa, come si dice qua, fece «fischiare le orecchie» a qualcuno a Palazzo Panciatichi. Allora infatti, le tristo statistiche – cifra di una misera solidarietà sociale e intergenerazionale – evidenziate dall’istituto Gimbe sullo stato di vaccinazione degli over 80, riservavano alla Toscana il penultimo posto.
Un mese dopo, nonostante il nostro auspicio di esser smentiti dall’evolversi dei fatti, la Regione Toscana non si era ancora tolta la maglia nera tant’è che, senza esser troppo cattivi, parlavamo di «Caporetto della vaccinazione». Erano i giorni dello Scanzi Gate che, seppur a molti fece perdere lo sguardo dalla foresta per guardare imbambolati l’albero, ebbe comunque sia il merito di svelare il vaso di pandora in un sistema soventemente fatto di «lacchezzi» e assai poco trasparente. Non a casa, quando il tribunale di Arezzo dovette esprimersi sulla vicenda scrisse che il giornalista non ne aveva alcun diritto. Intanto, gli anziani toscani in quanto a seconde dose, rimanevano gli ultimi nello Stivale (nonostante la comunicazione/propaganda della Regione parlasse di «record») e i migliaia di pazienti ad alta fragilità non avevano ancora raggiunto alcuna dose, ad un mese dalla creazione di questa speciale categoria prioritaria. E vogliamo parlare delle indecifrabili tabelle e codici di esenzione? Serviva il professor Langdon.
Arrivando ad oggi, dopo un’estate in cui la campagna vaccinale è stata trainata da tanti giovani a differenza dei tanti over 50 no vax che tuttavia parlavano di scarsa responsabilità da parte dei ragazzi, è arrivato il momento di trarre qualche conclusione leggendo i dati. Le statistiche in valore assoluto sono buone: le dosi somministrate su 100mila abitanti sono circa 144mila in Toscana (contro le 140mila a livello nazionale); gli over 80 con ciclo completo sono il 97% (rispetto il 92%); mentre per quanto riguarda la copertura con due dosi della popolazione i dati sono leggermente inferiori 76,9% contro 76,1%.
Tuttavia, è bene dire che oltre una certa soglia i ritmi della macchina vaccinale (di ogni regione) sono andati rallentando visto che rimanevano sempre meno persone disposte a ricevere il siero, i cosiddetti nivax. Sfiducia nella scienza che non è certo piena responsabilità delle autorità politiche e sanitarie, ma che tuttavia certi modi di comunicare poco eleganti verso gli scettici e certe iniziative spettacolari come «il panino con vaccino» non sono sempre state persuasive. Più efficace della carota è stato invece il bastone con l’estensione dell’obbligo di green pass per tutti i lavoratori che ha spinto, come scrive La Repubblica, 11mila lavoratori toscana ad accordarsi per ricevere la prima dose.
«L’importante non è quello che trovi alla fine della corsa, ma quello che provi mentre corri» diceva un celebre film. Insomma, ad oggi i dati «finali» sono rientrati fisiologicamente nelle corde di quelli nazionali, ma non possiamo di certo scordarci quei tanti episodi che durante la campagna vaccinale ci hanno indignato e fatto arrabbiare. Ecco perché «la Regione ha marcato punti quattro ma avendo perso la lancia…:»
Luca Amodio