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Benedetto chi fa musica dal vivo. Sprazzi di audacia per cercare di superare la carestia di concerti

Stavo cominciando a scrivere questo articolo quando ho scoperto che a pochi minuti da casa era in programma un concerto e allora mi sono preso qualche ora di tempo prima di buttare giù qualche considerazione. Di ritorno da «Art of noise», ovvero dall’associazione «Onda d’urto» attiva negli ambienti di Villa Severi ad Arezzo, ho iniziato a scrivere con una certa soddisfazione. La soddisfazione di essere tornato a vedere un concerto in un ambiente dove la gente va a vedere un concerto. Cioè, non un concerto a caso, ma un luogo dove abitualmente si fanno concerti, una situazione non proprio usuale insomma, anzi praticamente una rarità alle nostre latitudini. 

Sì, alcuni locali hanno ripreso a fare musica, ma qui stiamo parlando dei luoghi che fanno principalmente questo e ci scuseranno i ristoratori che ingaggiano musicisti, qui stiamo parlando di locali che vivono grazie alla musica e che fanno dei concerti la loro «portata principale» e non un contorno alla serata. In Valdichiana zero assoluto, dopo il Covid19 bisogna arrivare alla «Darsena» di Castiglione del Lago per trovare una programmazione. Anche il «Timory» di Bettolle per il momento non ripropone i «live», ad Arezzo c’è invece questa associazione che raduna giovani intorno a serate come quella a cui ho assistito il 27 febbraio, c’era Andy Mac Farlane [ndr.].

Eravamo una terra ricca di locali, non possiamo non citare il Velvet Underground e pensare all’impegno e alla passione del compianto titolare Thomas Lorenzetti, oppure allo Storyville o ancora al Karemaski, senza stare a rimettere troppo indietro le lancette del tempo e a farci prendere dalla malinconia.

Mi ritrovo in questa sala a vedere un duo che non è manco il mio genere, ma mi sembra di essere al concerto della vita. Sarà merito dell’astinenza da concerti, ma credo anche dell’energia che Andy sprigiona dalla sua chitarra. Poco interessa la qualità sonora e se il contrabbasso si sente appena, l’organizzazione è seria, si controllano i greenpass e in sala c’è un numero contingentato di persone. «L’offerta è libera… ma almeno 5 euro» dicono all’ingresso, la birra acquistata dentro non è nemmeno fresca, ma va tutto molto bene.

Il pubblico va dai vent’anni in su, l’atmosfera è serena ed è anche giusto l’orario (quasi un pre-dinner) anziché aspettare fino a mezzanotte che qualcuno salga sul palco. Proporre musica dal vivo, organizzare serate per band e musicisti non è solo divertimento, ma rappresenta anche un obiettivo sociale e culturale. Assistere ad un concerto è un’esperienza di conoscenza, per questo non può essere lasciata solo alle convenienze di mercato.

Massimo Pucci